Chef Antonio Tiriolo, baritono

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In memoria dello chef - baritono Antonio Tiriolo a cinquant’anni dalla morte

Antonio Tiriolo di Luigi e Maria Scarpato nasce a Capri 21/05/1899 sposa Giulia Aprea 29/07/1926.Dal loro matrimonio nasce nel 1927 Maria, che nel 1959 sposa il Prof. Aldo Di Massa; nel 1929 due gemelli, Cataldo e Luigi e solo quest’ultimo sopravvive; il quale emigrato a Stoccolma (Svezia) per lavoro
sposa la svedese Gunnel.

Per ultimo nel 1931 viene alla luce Pasqualina (Lina) che nel 1957 sposa il giornalista olandese Alings Willen dopo la sua conversione al cattolicesimo come condizione da parte della fidanzata. Il nostro Antonio da giovane studia pianoforte e canto ma la sua formazione è essenzialmente autodidatta che alterna con la sua professione di cuoco.
Faceva parte del coro della chiesa di S.Stefano guidato dal Rev. Don Francesco Lembo. Amico di Edwin Cerio, lo frequentava con lunghe conversazioni
su temi culturali e questi gli regalava le sue pubblicazioni con dedica come queste: “ a Totonno il mago del bel canto” oppure “ a Totonno dalla voce tonante”.

Ligio al suo lavoro era di sani principi morali e non ammetteva compromessi specialmente con i fornitori della ristorazione. Mei momenti di pausa , prima del servizio a tavola, accettava gli scherzi dei suoi collaboratori, al mattino quando preparava le pietanze usava canticchiare. La sua fama di  cuoco incomincia nel 1930 quando lavora al Ristorante Gaudiamus gestito da Rodolfo De Ruggiero e suo figlio Edgardo. Nel 1937 lo troviamo  all’apertura del ristorante “Campanile” gestito dai fratelli Adolfo e Beniamino Cannavale. Di questo periodo scrive di lui lo scrittore inglese Compton Mackenzie nel libro “
As much as I dare” Collins, London, 1938,pp 251-252.

Con queste testuali parole: “ Antonio was proud of his shopping and enjoied his work.He sang has he cooked and sang nearly has well has he
cooked.”Allo scoppio della seconda Guerra mondiale andò a lavorare in Germania per poter mantenere i figli allo studio, ma il benessere della sua
famiglia durò solo sei mesi perché gli eventi bellici resero impossibile ogni contatto con i suoi cari . Finita la guerra ritornò nella sua amata isola.

Nel 1946 fu assunto dai fratelli Giuseppe, Giovanni e Tonino Esposito al ristorante Gatto Bianco sito in vicolo S. Tommaso dove la sera c’era la fila
per poter cenare allietati dallo show di Esposito Antonino (detto Garibaldi), chitarra, Buonomo Vincenzo, violino, Spadaro Raffaele, mandolino, e Savarese Giuseppe (detto scarola)cantante che si accompagnava con la chitarra.

Ad un certo punto della serata i clienti chiamavano Totonno il quale con la sua voce da baritono con estensione tenorile cantava le canzoni napoletane,
e la sua preferita era “ U’ marinariello”. Dalla testimonianza del Sig. Rotella Costanzo che lavorò al ristorante Gatto Bianco dal 1944 al 1946 con Totonno , suo grande maestro dalla bella voce, siamo venuti a conoscenza che i clienti lo chiamavano a gran voce a cantare, lui sentiva l’invito attraverso una finestrella che dava sulla sala da pranzo e lasciato i fornelli andava a cantare.

La canzone più richiesta  era “O’ sole mio” come omaggio i clienti gli offrivano una mezza bottiglia di vino “Soave” che, lui sorbiva con un lungo filo di pasta bucato detto “Zito” . Dopo una giornata di intenso lavoro andava sulla terrazza della funicolare a fare esercizio di respirazione per pulirsi i polmoni dall’ossido di carbone. Era geloso del suo mestiere. Infatti una volta gli fu portata una grande cernia, che ferita, era stata una notte in una tana e l’indomani fu pescata morta. L’aiutante Costanzo messala a bollire in una pesciera disse al suo capo che emanava cattivo odore, e lui si rammaricò che “quel merdillo” l’avesse sentito e lui no. Fatta una grande fossa nel giardino di Via Camerelle Costanzo e Luisa Cosentino la sotterrarono . In quel giardino si allevavano fino a settanta maiali e vi era una grande produzione di carciofi perché concimati con il loro letame , la produzione era tale che venivano a comprarli con cestoni anche da Castellammare.

Questa tradizione  dello chef cantante continuò anche dopo il 1952 quando il ristorante Gatto Bianco si trasferì in Via Vittorio Emanuele dove al piano forte si esibiva Renato Sellani. Come ricorda Tonino Esposito, il quale era l’organizzatore della ristorazione, i piatti forti dello chef erano: creppe a  formaggio classici, cannelloni alla Totonno (creppe a formaggio tagliati in due parti con sopra sugo alla bolognese parmigiano), gnocchi alla  Parisienne, insalata di riso, ziti al ragù di carne rosolata con sugna che doveva (pipiare) bollire lentamente per alcune ore, sogliola alla mugniaia, pesce “in bellavista lesso” lesso o al forno con ricca e fantasiosa decorazione di ortaggi con maionese e varie salse a gusto dei clienti, omelette flambè ripiene di marmellata d’arancia filetto di carne mignon, oppure alla Rossini con patè de fois e tartufo nero grattugiato, torta di mandorle caprese.


Quando Totonno preparava il consumè era come un orefice che prepara con cura il suo capolavoro e questa è la sua ricetta:
INGREDIENTI
- Carne, cipolla, carote e sedano tritati e pezzetti di bucce d’uovo (per chiarire), albume intero e qualche pomodorino fresco. Il tutto a bollire in una pentola per due ore circa in modo da formare una massa compatta con l’albume che inglobava tutti gli ingredienti.

Sopra una pentola coperta con uno strofinaccio si versava con cura il brodo in modo che filtrasse a goccia a goccia e tale operazione durava circa
un ora. Il consumè risultava limpidissimo e dal colore giallo oro. Per fare il consumè glassè vi si aggiungeva della gelatina.

Come pietanza era corroborante e stimolava l’appetito. D’ estate a causa della carenza di frigoriferi le pietanze dopo qualche giorno venivano messe nel secchio per i maiali. Totonno era anche un bravo pasticciere soprattutto nel preparare la glassa bianca (ghiaccia) per la torta nuziale. Nel periodo invernale il suo hobbie, oltre al bel canto, era la pesca ed andava a pescare ai Faraglioni, e sovente si fermava nella cucina del ristorante “da Mario” per insegnare ad Assunta Iacono i segreti come cucinare alcune pietanze.

Lasciato il Gatto Bianco nel 1952 a fine stagione turistica, andò prima all’ Hotel “Le Sirene” e poi all’ hotel “ Semiramis” gestito dalla nobil donna Sig.ra Laura Dubost, donna di classe e di grande bontà. Il sottoscritto ha lavorato al Semiramis dal 1958 al 1963, come aiuto portineria e può attestare la grande umanità dello chef Antonio in quanto di tanto in tanto mi dava un crem caramelle quando nel pomeriggio andato via il personale di cucina lui riordinava le celle frigorifere.

Della cucina  dell’albergo mi sono rimaste impresse nella memoria due cose, che poi erano il segreto della bontà dei suoi piatti. Primo, una pentola sulla cucina a carbone che bolliva (fumèe) sempre con pezzi di carne ed ossa dalla quale si ricavava un brodo ristretto per condire le varie pietanze, seconda cosa, le teste dei pesci grandi che in una pentola bollivano (fumèe) continuamente in modo da ricavarne un consumè ristretto che veniva aggiunto alla zuppa di pesce o altre pietanze. Suo allievo e degno successore al Gatto Bianco fu Gargiulo Leone che nel 1944 aveva lavorato per alcuni anni come aiuto cuoco alle “Sirene” da Vincenzo Mellino a Marina Piccola. Il genero di Vincenzo, Eugenio Cosentino, aveva sposato la figlia Margherita ed era stato cuoco sulle navi di linea da e per il nord America. Egli custodiva il segreto della torta a mandorla che preparava solo lui in modo che nessuno potesse carpirne la ricetta. Il nostro Totonno con la sua bravura e l’aiuto di Leone fece molte prove fino a riuscire a fare la torta di mandorle alla caprese.

Una domenica, la Signora Trama Raffaella (gallerista) andò al ristorante e dopo il pranzo volleva salutare Totonno, ma non lo trovò perché era
andato a cantare col coro in chiesa. Allora la nobildonna fece l’elogio al secondo chef Leone per aver sostituito egregiamente il suo maestro nella
preparazione delle pietanze. L’esistenza dello chef cantante si concluse il 26 aprile 1961 compianto da tutti i capresi e da quei turisti che ne avevano
apprezzato la cucina e il bel canto.

Don Vincenzo Simeoli


***Nella foto del 1952 scattata nelle cucine del ristorante Gatto Bianco di via Vittorio Emanuele, da sinistra verso destra gli chef Leone Gargiulo, Antonino
Gargiulo e Antonio Tiriolo.

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