Scorre lungo un ceppo di noce italiano il sogno di quindici Cavalieri.
Scorre e indugia su pentolini di rame l’idea che lo spaghetto non sia solo il piatto nazionale per eccellenza, bensì il territorio dove sperimentare le diverse individualità creative. Si scelgono gli ingredienti della propria tradizione, affinché i quindici chef possano raccontare la ricchezza che li contraddistingue.
Scorre nei minuti di un intenso intervento al congresso italiano di cucina d’autore, Identità Golose 2011, la passerella di uomini che raccolgono stelle, cappelli, forchette, premi e titoli a ogni piè sospinto.
Scorrono su ognuno di loro gli occhi di giornalisti, blogger, curiosi e colleghi mentre il silenzio cala sull’auditorium: Davide Scabin, Massimiliano Alajmo, Andrea Berton, Antonino Cannavacciuolo, Enrico Cerea, Gennaro Esposito, Moreno Cedroni, Giancarlo Perbellini, Niko Romito, Giovanni Santini e gli assistenti a fare le veci dei loro rispettivi chef Heinz Beck, Massimo Bottura, Mauro Uliassi, Norbert Niederkofler e Ciccio Sultano.
A nessuno di loro spetta il titolo di leader, e lo sono tutti allo stesso tempo. Figli di mamma “Tradizione”, che ha dato loro i natali gastronomici, non rinnegano la storia e i maestri come Aimo Moroni che hanno insegnato loro un mestiere ancora oggi sinonimo di passione.
Non si tratta di aver fondato un’elite o un club, né è l’aver fatto sfoggio del sapere che li ha portati uno a uno ai vertici della gastronomia nazionale e non solo. Nulla è come appare, nulla è banale se non agli occhi di chi guarda e non osserva. Al cospetto di una platea emozionata, si è parlato di quanto sia difficile essere individui, creativi e allo stesso tempo gruppo compatto.
Forse più che in pubblico, i Cavalieri hanno sperimentato ciò che significa essere un gruppo nel backstage e nei giorni che hanno preceduto la loro prima apparizione in pubblico.
Uno scambio intenso di mail, riunioni ove possibile, telefonate frequenti hanno segnato i giorni in preparazione al congresso. Più forte di tutto era il desiderio di calcare la ribalta con il giusto approccio: nessuna emulazione dei colleghi spagnoli o della loro scesa in campo dietro l’ariete Ferran Adrià. Né si è trattato di costruire una corporazione che tutelasse gli interessi dei pluri-stellati. I Cavalieri sono, in realtà, l’esempio di come l’Italia non sia “una” sola cucina, bensì l’insieme di più cucine che si completano, oltre che essere in grado di dialogare alla pari l’una con l’altra. Forti di questa consapevolezza, gli chef hanno lavorato nel backstage dell’auditorium creando il loro spaghetto e sperimentandosi per la prima volta come un gruppo.
Quale sarà la prossima occasione per vederli tutti in campo non è dato saperlo, ma rimane la certezza di una platea emozionata. Di fronte all’essenzialità degli strumenti, senza tecniche particolari ma con la semplicità e immediatezza di un filo di pasta di grano duro, ecco che quindici gusti hanno calcato la scena celebrando l’orgoglio di essere italiani.
Scorrono veloci lungo quel ceppo di noce le creazioni di ognuno dei quindici Cavalieri. Il pane di Fobello e la conserva di pomodoro di Cannavacciuolo incontrano la crema di broccoli, acciuga, scampi crudi e pomodori canditi di Cerea. Olio, parmigiano, pepe e polenta di Alajmo camminano a fianco degli scuncilli, patelli e pomodorini del Piennolo di Esposito… e così via in un gioco tra nord e sud, est e ovest.
Se un baccalà mantecato chiacchiera con la bagna caoda o un’insalata di schie non si stizzisce per un quinto quarto con midollo e salsiccia, allora Identità Golose e il suo patron Paolo Marchi sono riusciti nel loro intento di regalarsi l’emozione più grande dei tre giorni di congresso. L’Italia ha trovato una sua strada, che proverà a percorrere lasciandosi guidare da ciò che di più ingestibile vi è: passione e genialità.
L’intellighenzia culinaria italiana e i suoi 15 spaghetti aspettano solo che il sedicesimo sia adagiato accanto a loro, perché ciascuno chef fuori da quel conciliabolo ha il diritto e il dovere di dare il suo contributo alla cucina italiana.
Corrono i cavalieri della cucina italiana. Corrono in attesa di trovare nuove tavole da apparecchiare e nuovi gusti da sperimentare.
Claudia Orlandi
photo: http://www.alessandrocastiglioni.com
