A Torino, il 29 ottobre è uno stand tra tanti in apparenza, la chiusura del Salone del Gusto, la stanchezza e ancora qualche visitatore che si aggira alla ricerca di una scintilla di sapore.
Uno chef stellato, un volo da Napoli e tanti estimatori che se ne contendono l’attenzione sono l’unica vera scintilla. Almeno finché peperoncino e timo serpillo, un pizzico di olio extra-vergine e di vino Casavecchia si fanno strada e prendono il sopravvento diventando lo spunto per una nuova ricetta a La torre del Saracino.
Poi arriva il 3 novembre, e quello chef, Gennaro Esposito, riceve il formaggio che ha conquistato il suo palato: un Conciato Romano, presidio Slow Food dell’alto casertano, che ha già sette mesi e da lì a un anno produrrà note di maturazione di volta in volta diverse. A seconda di quando e di come verrà utilizzato il mix di latte ovino e vaccino, racconterà delle colline e delle montagne da cui proviene e delle proprietà rilasciate dal vaso di creta che lo custodisce gelosamente.
Un antico metodo di conservazione che risale a una tradizione antica, forse sannita prima ancora che romana, sono il segreto di un prodotto poco noto al grande pubblico.
La sua storia, la produzione e la tutela del disciplinare sono tramandate dalla famiglia Lombardi e in particolare dal giovane Manuel. I genitori, in primis, hanno raccolto gli insegnamenti di nonno Francesco, che era solito portarsi un pezzo di Conciato e del vino come pranzo nelle sue giornate in montagna insieme al gregge di pecore.
Non solo: tutta la famiglia ha portato avanti un allevamento che risale a ben due generazioni prima di loro, forti della ricchezza di erbe e spezie che rendono “speciale” l’alto casertano e i suoi prodotti caseari.
Il latte viene “rotto” con caglio di capretto e lasciato colare in canestri di vimini. Si sala da un lato e dopo dodici ore dall’altro, e in seguito viene fatto asciugare nel “casale”, ossia su un mobile aperto di legno di faggio. Qui il formaggio rimane 15 giorni tra novembre e maggio, per essere poi lavato con l’acqua di cottura delle “pettole” – una pasta fresca fatta in casa- e asciugato su un telo di lino. Viene quindi riposto in orci di terracotta con una “conciatura”, da qui il nome del prodotto, di olio extra vergine di oliva Caiazzana, di vino Casavecchia, peperoncino e timo selvatico o pimpinella.
Sono il sapore deciso e la morbidezza, nonostante la stagionatura di minimo sette mesi, che hanno convinto lo chef Esposito a prendere un grande orcio contenente il suo personalissimo Conciato. Non solo, ma anche la storia di questo presidio Slow Food, che vive grazie alla passione e alla dedizione della famiglia Lombardi, baluardo di un patrimonio che non si cura dei ritmi produttivi e dei numeri della grande industria.
Come Manuel ama dire: le cose belle accadono anche nel Sud Italia. Il segreto è la passione e un gregge che fa il suo “dovere”, con i tempi e i modi che la natura mette a disposizione.
Az. Agrituristica-Agricola Le Campestre
(Conciato Romano Presidio Slow Food)
Via Strangolagalli 4
Castel di Sasso (CE)
Tel. 0823-878277
Claudia Orlandi