Si autodefinisce uno “chef di cucina indipendente”, Roberto Abbadati. Il che significa che la sua specialità è cucinare, e “su misura”, per chiunque lo voglia: dal privato alla grande azienda; dalla scuola di cucina al progetto culturale.
Senza disdegnare le occasioni dichiaratamente commerciali. Come fosse un sarto, che ha un proprio stile ma sa come soddisfare al meglio le esigenze del cliente. «In effetti, più che un sarto, il paragone corretto sarebbe uno stilista: con la differenza che gli abiti/menu li cucio/cucino ancora e sempre io! E l'indipendenza sta proprio nella coerenza di mantenere uno stile, a prescindere dal tipo di collaborazione, sia in termini qualitativi, sia quantitativi».
Poco più che trentenne, questo pirotecnico cuciniere ha già un notevole bagaglio di esperienze alle spalle, e soprattutto è una vera fucina di idee e progetti. Tanto che l’aggettivo “dinamico” fornisce a malapena un’infarinatura della sua personalità e delle sue attività. Di origini bresciane, Roberto ha girato come una trottola, in Italia e all’estero.
Però, mentre una trottola si limita a passare via veloce, senza lasciare traccia né raccogliere niente, lui assorbe, accumula, elabora. E poi trasforma, a sua immagine e somiglianza. Il suo curriculum è da capogiro: dopo una formazione internazionale classica e accademica, compresi ristoranti stellati e grandi alberghi, circa sei anni fa Roberto ha infine deciso di buttarsi sul mercato con un proprio marchio, per trattare e offrire cibo in diverse situazioni e ambiti, dagli eventi – compresi quelli artistici, culturali e sociali - alla formazione, dai video alle cene private, fino alle consulenze. «In ogni contesto e occasione, ho sempre apportato grande creatività e innovazione; non tanto nelle tecniche culinarie, quanto nella somministrazione, arricchendo il cibo e valorizzandolo per il suo immenso potere comunicativo.
Sebbene tutto questo richieda grande impegno», racconta, sicuro del fatto suo e senza darsi arie da presuntuoso. Anzi, è più che consapevole di come la strada imboccata non sia delle più lineari e facili, almeno non in Patria. «In Italia, continuo a essere piuttosto snobbato da persone o strutture che, purtroppo, hanno il potere di decidere chi può fare carriera e chi no. Nel mio piccolo, con grande sforzo e coerenza professionale, negli anni ho sicuramente avuto soddisfazioni professionali. Ma se mi confronto con chi ha investito soprattutto sull’apparenza, ho ottenuto decisamente molto meno.
Comunque, mi ritengo uno chef mediatico, dato che fin dall'inizio della mia carriera da free lance ho impostato la mia cucina in modo da sviluppare - e cavalcare - l'immenso potere comunicativo del cibo, rendendolo veicolo di emozioni, cultura e sentimento». Risale a qualche anno fa il suo libro “Taste, Free Your Fantasie”, testimonianza cartacea della sua esperienza culinaria accumulata durante anni di ricerche e scoperte in giro per il mondo, e dove a ogni ricetta è associata un opera d’arte. E non è questa l’unica testimonianza della sua passione per l’immagine. «Lo ammetto, mi piace molto lavorare con il video, così come con la fotografia.
E, onestamente, mi piacerebbe molto poter fare esperienze professionali anche in televisione; dove purtroppo, però – e lo dico a malincuore - mi sembra che il cibo venga sfruttato molto più per il suo potere di distrarre che per quello comunicativo». Non ce l’ha con nessuno, Roberto, né vuole buttarla sul polemico: semplicemente, ci tiene a sottolineare come, a uno come lui, il “modello” italiano possa stare un po’ stretto. «Onestamente, ancora oggi non saprei se definirmi più uno chef da ristorante o d'albergo; sia in termini di formazione professionale sia, successivamente, di lavori svolti, ho collaborato con entrambe le realtà.
E in entrambi i casi, mi sono entusiasmato, cercando di valorizzare al meglio i loro diversi punti di forza e le necessità ed esigenze». Un’occhiata alle sue pagine web, ed è subito più chiaro ciò che Roberto intende dire parlando di sé: un outsider, un creativo, un fantasioso: che può entusiasmare, piacere, incuriosire o meno, ma che senz’altro ha personalità da vendere. E da “affittare”, come ha avuto modo di sperimentare chi si è avvalso delle sue prestazioni.
Fiorenza Auriemma