Scambio delle parti, qualche giorno fa, all’interno di un set fotografico milanese: giornalisti che diventano soggetti di scatti d’autore, firmati Oliviero Toscani.
Stessa sorte per una decina di chef tra i più importanti d’Italia che hanno dato vita qualche mese fa ai Cavalieri della Cucina Italiana, e per una manciata di noti architetti, designer, avvocati, ecc. Il tutto allietato dai salumi di Paolo Parisi, dai formaggi di Giuliano Murada e dal panettone alla birra di Teo Musso. Un modo insolito scelto da Toscani e dalla sua giovane ed efficientissima squadra per augurare buone feste e per presentare, a chi ancora non li conoscesse, i recenti prodotti della sua azienda toscana: il vino OT, e l’olio extravergine d’oliva Oliovero Toscano. In altre parole, un’occasione ideale per chiedere al grande fotografo il perché di questa sua “scesa in campo” in un settore, quello enogastronomico, apparentemente così lontano dal mondo della fotografia e dell’immagine.
Apparentemente, appunto. “Penso di portare valore aggiunto nel vino, perché so che cosa mi piace e che cosa no, è il mio mestiere che me l’ha insegnato, e bene; e questa mia capacità di analisi, di scelta e di selezionatura è decisamente estrema. Quindi, la sto applicando anche al vino. E non è certo per hobby, perché niente di ciò che faccio lo considero tale: tutto è il mio lavoro, e la mia vita”.
È bello parlare con Oliviero Toscani, e non tanto per il fatto che sia una persona famosa e affermata. No: piuttosto perché ciò che dice è di una semplicità e lucidità che lasciano comunque il segno e fanno riflettere. “Certo, io non sono un enologo, e quindi ne scelgo uno che sia bravo e professionista: posso dire ciò che penso quando parlo con lui, ma non faccio il suo mestiere; anzi, cerco di sfruttare al massimo le sue competenze. È lui che deve portarmi quello che io non so”. Se ne deduce che in un rapporto di collaborazione se ognuno mette a disposizione ciò che sa fare, il prodotto finale sarà la somma delle diverse esperienze, e quindi difficilmente non valido: “Se devo fotografare chi fa salami, per quanto bravo sia non deve venire a dire a me come devo fare le fotografie”, puntualizza così Toscani la sua visione del lavorare insieme. Lasciando intendere che lo stesso vale per il suo rapporto con l’enologo – Attilio Pagli, per la cronaca - che dal 2003 sta seguendo la vigna della tenuta maremmana di Casale Marirtimo (Pisa) dove il maestro fotografo vive da diversi decenni, quando non è in giro per il globo con la sua macchina fotografica. La fattoria della famiglia Toscani è di 140 ettari, 12 dei quali occupati da una vigna in una posizione particolarmente felice e dalle cui uve è nato appunto OT di Oliviero Toscani, un blend di 50% di Syrah, 35% Cabernet Franc e 25% Petit Verdot. La prima annata è quella del 2006. Che, in sintonia con il discorso iniziale, è ora in vendita nelle enoteche e nei ristoranti in 12mila bottiglie con tre etichette identiche – con il marchio OT stilizzato – tranne che per i colori, magenta, blu e giallo, che sono poi quelli primari.
Quindi, tre bottiglie diverse per un contenuto identico.
Tipico Toscani, viene da pensare. Il quale è molto orgoglioso della sua nuova creatura e dell’appezzamento di terra che gli ha permesso di metterla al mondo. “Ho la vigna più bella del mondo, ne sono convinto: è su un pendio spettacolare, esposta alla luce e verso il mare.”, sottolinea. Stessa passione è riservata all’olio, da sempre presente in azienda ma che solo da quest’anno è stato immesso anche sul mercato in circa 2000 bottiglie da 500 ml, giocando, anche in questo caso, con un irriverente ma azzeccato paragone agricolo-religioso tra “Vergine” e “extravergine”.
Oliviero Toscani ha ancora un paio di cartucce da sparare: oltre ai cavalli allevati con molto amore e destinati spesso a diventare campioni mondiali, ci sono altri animali nell’azienda, tra cui i maiali di cinta senese che vivono allo stato brado e si nutrono di ghiande, granturco, orzo e grano provenienti sempre dalla stesa tenuta. “I miei animali mangiano quello che vorrei mangiare io. Credo si debba avere questo genere di rispetto verso di loro: se fossi un cane o un cavallo vorrei vivere da me. Chiunque abbia degli animali devi farsi – e fare loro - questa domanda: ma tu, vorresti vivere da me?”, chiosa Toscani. E poi, l’annuncio finale: fra qualche mese, quei maiali felici diventeranno salami, prosciutti ecc., e di prima qualità, grazie alla collaborazione con un grande del settore, Paolo Parisi.
Fiorenza Auriemma
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